Gran successo a Perugia per la presentazione del libro “Il labirinto del mostro di Firenze” a cura dell'Associzione Giuseppe Panebianco

16.11.2025 19:08 di  Redazione Perugia24.net   vedi letture
Fonte: Antonello Menconi
Gran successo a Perugia per la presentazione del libro “Il labirinto del mostro di Firenze” a cura dell'Associzione Giuseppe Panebianco

Grande successo allo spazio culturale Popup di via Birago a Perugia per la presentazione del libro “Il labirinto del mostro di Firenze” (Mimesis edizioni), curato da Lorenzo Iovino, Daniele Piccione e Roberto Taddeo. L'iniziativa è stata promossa dall'Associazione Giuseppe Panebianco – per la legalità e la giustizia sociale – a sostegno della ricerca e della cura per il cancro del pancreas. Tanta gente presente e quanti mai apprezzato l'intervento di Giuliano Mignini, considerato un uomo libero che non delude mai e, neanche questa volta, ha tradito le aspettative. Con lui l’avvocato Michele Antognoni, del foro di Perugia, e l’avvocato Cristiana Panebianco, appartenente al foro di Roma. Ma c’erano anche i ragazzi di “Radiophonica”, radio universitaria attivata dall'ADiSU. La presenza di tanti ragazzi interessati al caso di cronaca nera più efferato di tutta la storia giudiziaria italiana ovvero quello del mostro di Firenze, è stato il valore aggiunto della serata, ed il segnale più reale del cambiamento di mentalità in atto nella città di Perugia.

L’avvocato Cristiana Panebianco apre il dibattito, visibilmente impressionata dalla grande adesione, ringraziando innanzitutto coloro che hanno collaborato al buon esito della iniziativa. Filippo Costantini (MG2 Comunicazione) della libreria POPUP di Perugia, e tutte le testate giornalistiche che hanno voluto dare spazio all’evento. Senza dimenticare di menzionare la associazione che presiede, promotrice dell’evento, fondata in memoria e secondo l’esempio del proprio padre, il Cavaliere della Repubblica Giuseppe Panebianco, militare e servitore dello Stato, scomparso dopo diverse malattie, quasi otto anni fa. Poche parole perché il dibattito si fa subito denso. Il pubblico è molto attento, premuroso, straordinariamente partecipe e sorprendentemente informato sui fatti relativi al mostro di Firenze, ed alla accusa di abuso di ufficio che cadde addosso al magistrato Mignini, nel bel mezzo delle sue indagini sul medico perugino Francesco Narducci, nell’ambito del filone d’indagine processuale denominato, appunto, del “mostro di Firenze.”

Il pubblico ministero di Perugia Giuliano Mignini, e il poliziotto Michele Giuttari, furono condannati, dal tribunale di Firenze, rispettivamente a un anno e quattro mesi, e un anno e sei mesi, con l'accusa di abuso d'ufficio in concorso ad una inchiesta collegata alle indagini perugine legate al mostro di Firenze. L'abuso d'ufficio per il quale scattò la condanna riguardava, secondo l’accusa, una serie di indagini svolte su alcuni giornalisti e funzionari delle forze dell'Ordine, con la finalità di condizionarne le attività, con riguardo l'inchiesta perugina sulla morte del medico Francesco Narducci. L’accusa si risolse, poi, in una vera e propria bolla di sapone, come sottolinea l’avvocato Michele Antognoni, che è un fiume generosamente in piena e offre competenza, spiegazioni, dettagli, date, notizie e spiega l’accadimento di almeno una minaccia ricevuta dal dott. Mignini (comunque una circostanza oggettivamente strana accaduta al magistrato nel corso delle indagini) e, con riferimento alla sentenza disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, l’avvocato Michele Antognoni chiarisce molto bene che il CSM ha assolto, alla unanimità e completamente, Giuliano Mignini da ogni accusa, perché nessun elemento emerso ha palesato un intento ritorsivo riconducibile all’abuso di ufficio.

Mignini parla speditamente di tutto, cenna al ruolo della Massoneria nel caso Narducci, racconta aneddoti esclusivi e non fa mancare una doverosa annotazione personale: la solitudine di quei momenti in cui l’ingiusta accusa pesava sull’operato di un uomo e di un magistrato integerrimo ed esemplare. “Mi sono sentito solo ma sapevo di essere nel giusto e dovevo andare avanti pur essendo da solo. Sapevo, però, di poter guardare, e orgogliosamente, tutta la mia famiglia, con sguardo fiero e sereno.”

Tantissime sono state le domande del pubblico, dalla pista sarda al caso del Forteto sino alla riesumazione della salma del medico perugino Francesco Narducci. Qui l’avvocato Panebianco tiene ad evidenziare la causa della morte del Narducci, così come testualmente viene descritta dalla relazione di consulenza tecnica del prof. Giovanni Pierucci dell’università di Pavia, tra i più importanti medici legali d’Italia, purtroppo recentemente scomparso (nel corso della sua carriera, in buona parte trascorsa a Pavia, è stato consulente per diverse indagini finite sulle cronache nazionali. Tra le altre cose, ha studiato la dinamica dell’assassinio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, giornalista e operatore uccisi a Mogadiscio nel 1994, e ha anche analizzato i reperti d’epoca per ricostruire l’esecuzione di Benito Mussolini). “Se le sentenze non si discutono ma devono sempre rispettarsi, così bisognerebbe fare per le risultanze medico peritali autoptiche, atteso che entrambe poggiano su dati di fatto e i fatti sono oggettivi, come tali non interpretabili,” chiosa l’avv. Panebianco, all’unisono con il magistrato Mignini e l’avvocato Antognoni. Tutti vogliono anche ricordare che i magistrati della suprema Corte di Cassazione decisero - sentito anche il parere favorevole del Procuratore Generale - che il processo Narducci doveva essere riaperto, e che quindi il proscioglimento (in parte) dei venti indagati dovesse essere annullato dopo la sentenza del Gup del 2010. Alcuni reati sono stati prescritti ma altri aspetti erano da perseguire. Il processo non venne mai riaperto perché intervenne la prescrizione. “E’ questa è la verità. Non ho mai compreso le dichiarazioni dei legali della famiglia Narducci che intesero interpretare la pronuncia della Cassazione come una vittoria e come la prova di una verità ormai definitiva,” aggiunge Panebianco. Se il processo non è mai stato riaperto, il caso resta sicuramente aperto ed il dibattito di ieri sera ha offerto numerosi e qualificati spunti di riflessione.

L’avvocato Panebianco tiene, in finale, a sottolineare, soprattutto in vista della giornata del prossimo 25 novembre ma, a prescindere, comunque e sempre ed in qualunque giorno, che la violenza deve essere sempre stigmatizzata, denunciata e in ogni settore della propria esistenza: nella vita di relazione, in famiglia, nella vita professionale, ovunque. “Voglio ricordare le donne di quegli otto duplici omicidi (16 vittime totali) che pesano sulle coscienze di tutti. E l’associazione Panebianco, si impegna e si impegnerà per questo e per tantissimi altri temi, per raggiungere il più alto tasso di sensibilizzazione circa la legalità e la giustizia sociale, in primis nel campo sanitario, dove il cittadino può essere più debole, ma è proprio lì che la tutela della legge deve diventare più forte.” Infine, rivolge un personale sentito ringraziamento al dott. Giuliano Mignini, al coraggio dimostrato nella non facile decisione di assumere una posizione e di portarla fino alla verità, all’esempio che ha dato a tutti ed alla città di Perugia in particolare, alla sua costituzionale libertà di uomo e magistrato. Un insegnamento tangibile che niente e nessuno potrà più scalfire.