Questo il racconto-intervista di Davide Pecorelli dei suoi ultimi mesi: ma c'è da credergli su tutto?

27.09.2021 14:30 di  Redazione Perugia24.net   vedi letture
Questo il racconto-intervista di Davide Pecorelli dei suoi ultimi mesi: ma c'è da credergli su tutto?

L'ex arbitro Davide Pecorelli ha concesso una lunga intervista a Fabrizio Paladino per La Nazione. Queste le sue parole. Ha raccontato che "era perseguitato da creditori e dipendenti. Saranno stati in cinquanta. Addirittura negli ultimi tempi mi avevano cercato anche al negozio di Sansepolcro in maniera minacciosa. Ero senza un euro. Manco per la benzina. Ho messo nei guai anche la mia compagna. Avevo rimorsi di coscienza nei confronti dei miei figli: la mia situazione era ormai drammatica. In questi mesi non ho mai avuto contatti in Italia e con la famiglia. Vedevo mio figlio, il più piccolo, a Valona in spiaggia quando a luglio era con i miei suoceri in vacanza. Facevo tutti i giorni tre chilometri a piedi per osservarli da lontano e piangevo. Ho perso 20 chili in 8 mesi. Mi sento in debito con le persone che mi vogliono bene, cercherò di ricucire il tutto quanto prima. Mio padre mi ha sempre insegnato di pagare tutti fino all’ultimo centesimo, purtroppo la crisi dovuta anche al Covid mi ha distrutto. Quando sono partito per l’Albania no. Ho cercato un’ultima possibilità: prima a Scutari e Tirana tentando di vendere prodotti per capelli e un macchinario da 100mila euro, poi Puke. Ho cercato un parroco per confessarmi e togliermi la vita. Avevo perso la speranza. Il prete ha detto che poteva accedere a un ossario comune. Lui mi ha proposto di inscenare l’omicidio e mi ha aiutato. Ma non è vero che i resti umani li abbiamo presi da una tomba. La macchina sarebbe dovuta precipitare nel dirupo ma sembravamo Fantozzi e Filini e on riuscivamo a spingerla giù. Il sacerdote mi ha detto che potevo spostarmi in un paese dove nessuno mi avrebbe cercato. Per 4 mesi ho pianto. A Valona sono stato dal 7 maggio. Con la comunità religiosa era emersa la questione del tesoro. Sapevo che avrei dovuto affrontare 27 miglia in mare aperto al Giglio, quasi una follia. Sono rientrato in Italia per il tesoro. Sono arrivato a Roma con l’autobus dei pellegrini. Ho prelevato i soldi al bancomat e sono andato a Grosseto e quindi al Giglio. Il martedì ho noleggiato il gommone e ho fatto il viaggio verso Montecristo alla prima zona delle monete. Ho avuto a che fare con gente credibile, da 50 anni stavano studiando questa operazione. Forse avranno visto che ero l’unico che potevo portare a termine un piano del genere: non avevo nulla da perdere. Con il tesoro avremmo fatto a metà. Ora sono preoccupato, ma cerco di riprendere la vita normale tra tante difficoltà che ovviamente ho trovato al mio ritorno. Non rifarò l’imprenditore in Italia. Penso ad un’associazione per sostenere la categoria. Ricordo che negli anni ho dato da lavorare a decine di persone, quindi so cosa significa. I carabinieri hanno trovato anche le chiavi del garage che ho affittato a Porto Santo Stefano per custodire il tesoro. Hanno tutti i filmati della contabilità e le mappe. Ho cercato l’esperto in numismatica. Ha detto ’E’ incredibile quello che hai trovato’. Il 23 settembre avevamo appuntamento in un hotel di Arezzo. Però mi hanno beccato. Avevo un appuntamento con un compro-oro a Firenze. Il giorno che mi hanno preso, ero andato a prenderla. I carabinieri mi hanno visto in cala Maestra, ho fatto finta di aver finito la benzina. Sono convinto di trovare finalmente la serenità per la mia vita e per i miei familiari. Per le varie identità il documento di Giuseppe me lo aveva lasciato lui in passato perché doveva pagarmi delle camere. L’ho utilizzato mettendo la mia foto e la professione, geologo. Il mio modo di vedere la vita è sempre stato differente, altrimenti non avrei fondato 10 anni fa una squadra di calcio, la Longobarda, senza stipendi, peraltro anticipando quello che sta avvenendo ora. Con la droga non c'entro niente e chi mi conosce bene sa cosa ho fatto in passato contro l’uso delle sostanze stupefacenti".