Esposta a Bologna l'opera “Il peccato più prelibato” dell'artista umbra Moira Lena Tassi

28.10.2025 15:57 di  Redazione Perugia24.net   vedi letture
Fonte: Antonello Menconi
Esposta a Bologna l'opera “Il peccato più prelibato” dell'artista umbra Moira Lena Tassi

L'artista Moira Lena Tassi porta l'arte del tartufo da Città di Castello a Bologna esponendo l'opera pittorica “Il peccato più prelibato”. “Un omaggio alla mia terra - dice - oltre che a Raffaello, alla mia famiglia e a mio nonno tartufaio”. Nel celebre ristorante Franco Rossi, a due passi da Piazza Maggiore, l’artista espone la sua opera quale intenso omaggio alla propria terra e alle sue radici familiari. «Mi sono ispirata al celebre affresco di Raffaello Adamo ed Eva – racconta Tassi – per rendere omaggio a uno dei più grandi maestri di tutti i tempi, così profondamente legato al nostro territorio. Ho voluto reinterpretare il tema del peccato originale con leggerezza e ironia: al posto del frutto proibito, ho inserito il tartufobianvo pregiato, simbolo di desiderio e piacere, trasformandolo in una metafora contemporanea, legata alla nostra cultura e alle nostre tradizioni.» L’opera, un olio su tela di 120×100 cm, rivisita il mito biblico con uno sguardo affettuoso e moderno. Adamo ed Eva hanno i volti del figlio dell’artista, Giacomo, e della sua fidanzata Agnese. «Sono due giovani innamorati di oggi – spiega – che incarnano l’innocenza e il desiderio, proprio come i protagonisti del mito.» Dietro la simbologia del quadro si cela anche una storia familiare autentica e profondamente legata alla terra. Giacomo, oggi ventitreenne, fin da bambino seguiva il nonno Gabrio, esperto cercatore di tartufi, nei boschi dell’Alta Valle del Tevere. Una tradizione tramandata da generazioni: nella sua lunga carriera, Gabrio trovò persino un rarissimo tartufo bianco che ha sfiorato gli 800 grammi, che poi ha viaggiato fino a Zurigo. Oggi Giacomo continua quella passione insieme al suo inseparabile lagotto Lapo, trasmettendo ad Agnese la curiosità e l’amore per questa antica arte. «Durante la stagione della trifola – racconta Moira Lena Tassi – a volte accompagno mio padre o mia madre nei boschi dell’Alta Valle del Tevere. Ogni uscita è un’avventura: quando i nostri lagotti, Luna e Duca, iniziano a scavare con entusiasmo, l’emozione è sempre la stessa. Mi avvicino con il vanghino, li premio con una carezza e qualche crocchetta, poi scavo con delicatezza e molta attenzione: il tartufo è fragile, un capolavoro della natura, sempre unico per forma, grandezza e profumo.» Per Tassi, la cerca del tartufo è un rito familiare e un dialogo con la terra, intrecciato alla memoria del nonno, figura centrale della tradizione tartufaia dell’Alta Valle del Tevere. «Mio nonno – prosegue l’artista – è stato un punto di riferimento per molti tartufai della zona. A 84 anni andava ancora per boschi, con il suo basco, la pipa nel taschino e gli stivaloni consumati. Fin dagli anni Trenta percorreva chilometri a piedi, da Città di Castello fino alle Marche, restando via anche due giorni. Trovava ospitalità presso i contadini in cambio di piccoli tartufi, mangiava un piatto di minestra e dormiva nella stalla. E tornava sempre con il tascapane pieno di meraviglie della terra, raccolte con forza, pazienza e passione.» Accoglieva cani randagi e li addestrava con dolce fermezza. In mancanza di un guinzaglio, si toglieva la cintura per condurli a casa. Così, nel tempo, formò una vera squadra di fedeli compagni di avventure. Nella famiglia Tassi, la Cerca e Cavatura del Tartufo è una tradizione di sangue che attraversa quattro generazioni: dall’avo Artemio Smacchia (classe 1900), primo insignito del titolo di “Veterano dei Tartufai” alla Prima Mostra del Tartufo di Città di Castello nel 1980, alla figlia Mirella, al genero Gabrio Tassi, fino a Moira Lena e al giovane Giacomo. «A Città di Castello – sottolinea l’artista – la Mostra Mercato del Tartufo e dei Prodotti del Bosco, nata nel 1980, è diventata oggi, a distanza di 45 anni, il Salone Nazionale del Tartufo Bianco Pregiato . Tra pochi giorni prenderà il via questa splendida manifestazione, che rappresenta un orgoglio per tutta la città. Ne sono fiera sia come tifernate sia come artista tartufaia – e sono certa che lo sarebbe anche mio nonno, che ha dedicato la vita a questa passione.» Oggi quella passione si rinnova nell’arte di Moira Lena Tassi e nello sguardo di suo figlio: due custodi di una storia che intreccia terra, arte memoria e bellezza. Nella loro storia, il tartufo – vero “oro” dell’Alta Valle del Tevere – si trasforma nel più affascinante dei peccati: un simbolo universale di desiderio e vita che unisce il passato e il presente.