Ben 29 anni fa il terribile incidente di Luca Panichi: oggi il suo racconto

Parla Luca Panichi, ciclista magionese, vittima di un gravissimo incidente in gara. "Il 18 luglio 1994, durante il Giro dell'Umbria internazionale dilettanti, fui travolto da un auto nello svolgimento del cronoprologo in salita da Viterbo verso San Martino al Cimino. Un anno prima, ironia della sorte, nello stesso luogo, con l Audax Piobbico del grande Bibi, avevamo vinto sia la classifica generale individuale con Daniele Cignali, sia quella a squadre!
La lesione coinvolse tre vertebre cervicali e due lombari...potevo non raccontarla più! Il viaggio in elicottero per essere trasferito a Perugia fu il mio primo volo, drammatico, ma x fortuna andò a buon fine: "dottore, mi dia ossigeno , mi spari ossigeno, voglio vivere".
Da subito compresi che l unica cosa giusta da fare sarebbe stata rimboccarsi le maniche e non fare troppe riflessioni, c era da affrontare un qualcosa che non si conosceva. Un atleta, quando incontra un imprevisto o un ostacolo, aumenta da subito le sue energie per superare le difficoltà, ed è ciò che ho fatto! Con la mia splendida famiglia, i miei cugini, la comunità di Magione, il mondo del ciclismo, si è creata una lobby di stimolo nei miei confronti meravigliosa! I miei esercizi, i miei miglioramenti, sono diventati la cartina di tornasole di continue e bellissime complicità e condivisioni, e quindi era difficile riuscire a guardare indietro: Sempre Avanti!
Incertezza, determinazione, tanta energia, mi portarono, dopo 9 mesi trascorsi a Firenze in ospedale, in quel di Francoforte in Germania, decidendo poi per l' intervento neurochirurgico, che mi salvò l uso delle mani e non solo. Tutto riesce alla grande, e allora, parte definitivamente la macchina da guerra riabilitativa, proprio in Germania!
Il 19 luglio del 1995, mentre ero a fare riabilitazione in una clinica vicino Stoccarda, accade l imponderabile.
Mi mostrano la foto di Fabio Casartelli disteso sull asfalto, deceduto tragicamente durante la tappa del Tour de France, scendendo il Col du Portet d' Aspin. Corro in una stanza e piango da solo disperatamente per 15 interminabili minuti! In quel primo mio pianto dopo l incidente, elaborai x la prima volta il mio dispiacere per ciò che mi era capitato, tuttavia dentro un dolore più grande, inenarrabile, quello della scomparsa di un collega di gare nei dilettanti, un amico, un campione, che era diventato anche padre da poco più di due mesi!
Nella mia testa, nel mio cuore, le energie si moltiplicarono, perché capii che ero davvero privilegiato nel poter lottare per una vita bella e dignitosa!
Nell'agosto del 1996, il meraviglioso Team di Capodarco insieme alla Comunità di Capodarco, mi chiamò presente alla Gara del GP Capodarco, in quanto corridore marchigiano che l aveva corsa quando Fabio Casartelli la vinse nel 1991 ( arrivai 20 esimo con la Best Elektromec del grande Gianni Tomassini), ed anche presente nel 1992 quando arrivò secondo con la maglia di Campione olimpico di Barcellona!
Pensate che il 16 agosto coincide incredibilmente anche con la data di nascita di Fabio: 16 agosto 1970!
E Il GP Capodarco quest' anno, per la 51 volta, rinasce il 16 agosto!
Mi consegnarono, in concomitanza con la nomina del Gp di Capodarco, Memorial Fabio Casartelli, una sottoscrizione per agevolare il mio percorso di riabilitazione e in risposta, sul palco, decisi che dal 1997, in ogni edizione della gara, avrei consegnato un premio personale all atleta più combattivo, onorando la memoria di Fabio Casartelli, i valori del ciclismo e della vita. Poi sono andato oltre, perché mentre i primi anni mi guardavo la gara dai giardini di Capodarco, sofferente, ora posso percorrere ogni volta tratti del percorso in mezzo al popolo di Capodarco e ai ciclisti!
Dunque, il 18 luglio per me è un giorno che, seppur declama un evento poco gradevole, permane una data di vita, nella quale i miei piedi, da 29 anni, si appoggiano su di una pedana per non rimanere anarchici nei movimenti.
Questa pedana non mi ha fatto arretrare, ma ha permesso ai miei significati di vita, al mio amore per l esserci con me stesso e con gli altri, di consolidarsi e di espandere i limiti verso nuove energie e nuovi orizzonti.
Recentemente, la figura dei miei piedi sulla pedana, l associo sempre di più al "piede a terra" di Michele Scarponi al Giro d Italia nella tappa del Colle dell' Agnello: lì, il grande Michele decise di fermare il proprio desiderio di vittoria, per provare a raggiungere e celebrare una gioia più grande e condivisa, quella della vittoria di Nibali nella classifica finale.
Il "piede a terra" o il "piede sulla pedana", non sono dunque necessariamente un simbolo di resa, ma semmai vogliono rappresentare il desiderio e la determinazione di voler abbracciare con più intensità e profondità tutte le sfaccettature della vita, sapendo affrontare con il giusto spirito l' imprevisto e l' inaspettato, ma anche l orizzonte desiderato, pur inconosciuto.
Nella vita di tutti giorni, mettere il piede terra, potrebbe voler dire, riuscire a sdrammatizzare le criticità, riuscire a guardare oltre il contingente, mantenendo al centro la persona nella sua unicità, e la vita, nella sua preziosità inviolabile!
Il mio sorriso è più potente anche perché mio padre non ha potuto godere di tutti i miei miglioramenti, andandosene anzitempo, e x questo, mi rimane ancor più vivo dentro il mio cuore, in tutte le cose che faccio!.
Come recitava il Pirata, i sogni non ci vengono regalati, ma vanno perseguiti, e aggiungo, alimentando la nostra essenza unica e irriducibile!
Vivalavida - Vamos".