Carlo Tavecchio ha parlato a Radio Onda Libera

26.11.2018 15:45 di  Redazione Perugia24.net   vedi letture
Carlo Tavecchio ha parlato a Radio Onda Libera

L'ex presidente della Figc Carlo Tavecchio ha parlato a Radio Onda Libera.

Le piace questa Nazionale di Roberto Mancini?

“La vedo come una scelta praticamente obbligata: si doveva ripartire ed è stato giusto scegliere i giovani che hanno tecnica e capacità. Ora bisognerà vedere le soluzioni in difesa e a centrocampo con il ricambio generazionale. Gli attaccanti, i terzini e i trequartisti li abbiamo. Bisogna imparare a giocare per i tre punti, questo è il problema”.

La Nations League è una competizione che attrae o ci vuole tempo perché prenda piede?

“Prenderà molto piede. In questo momento in Europa la Uefa porta avanti un progetto ambizioso con le Nazionali e di mezzo c'è anche la questione economica”.

La Serie A è più bella e partecipata perché è arrivato Ronaldo?

“Ronaldo è un valore aggiunto, come se fosse qualcosa arrivato da cielo a illuminare un campionato già competitivo e che vede gli stadi piedi. Il campione è un valore ma non è tutto”.

Cos'è successo nel calcio italiano in un anno da quando non è più presidente?

“Parlano i fatti, io potrei starmene zitto. Basta guardare cos'è successo in Lega Pro con i recuperi ancora in corso. Non era mai successo nella storia del nostro calcio. La vicenda dei ripescaggi è stata assurda e fuori dalle regole”.

Lei avrebbe firmato, nel giorno dei calendari, la riduzione del format della Serie B da 22 a 19 squadre?

“Non avrei firmato, non l'ha fatto neanche il segretario generale. E' stato un provvedimento che reputo incredibile, sono state cambiate le norme federali nella maniera più difficile da capire e da spiegare”.

Il prospettato passaggio della Serie C a categoria semiprofessionistica è una soluzione obbligata?

“Io ho lasciato nel cassetto un progetto ideale: Serie A con 18 squadre, Serie B con 20 e due gironi da 20 squadre ciascuno di Serie C, quindi il resto a fare da cuscinetto con l'interregionale. Non ci devono essere più di 70 club nei professionisti. Guardate all'estero come sono strutturati i campionati professionistici: basterebbe copiare”.

Sente di aver pagato solo lei l'esclusione dal Mondiale?

“Dopo la partita con la Svezia nessuno ha dato le dimissioni, l'ho fatto soltanto io per senso di responsabilità. Quando è stato scelto Ventura c'erano solo consensi. Sono andato a cena con Malagò e c'era Lippi: in quella serata privata si è deciso per Ventura con il coinvolgimento di Lippi, che non ha avuto un seguito per l'incompatibilità dettata dal figlio procuratore. Si è creato uno staff con Oriali e le figure che hanno collaborato. La responsabilità della scelta di Ventura non è stata esclusivamente mia”.

Gravina è una sintesi tra le varie anime o una vera novità?

“Sono 25 anni che Gravina sta tra la Lega e la Federazione. Io lo definisco un capitano di lungo corso. Conosce l'agonismo e la parte amministrativa-gestionale. Se ha l'appoggio delle componenti può operare al meglio. Dopo le mie dimissioni tutti volevano un nuovo presidente e invece c'è stato il commissariamento, che io non volevo”.

Come vede questo confronto durissimo tra il Governo e il Coni: è più una questione di soldi o di potere?

“Io la penso come il governo. Nel mondo ci sono pochi casi in cui il comitato olimpico determina lo sport. Il Coni ha perso autonomia perché dipende dal contributo del governo di 450 milioni l'anno. Al Coni è demandata l'attività olimpica con 150 milioni, mentre il resto va alle Federazioni”.