Un emozionante ricordo di Pietro Crocchioni, un amico di Perugia e di tutti che ieri ci ha lasciato

12.03.2020 11:36 di  Redazione Perugia24.net   vedi letture
Un emozionante ricordo di Pietro Crocchioni, un amico di Perugia e di tutti che ieri ci ha lasciato

Ieri mattina se n’è andato Pietro Crocchioni. Lo ricorda La Nazione, scrivendo che d’improvviso si è reciso il filo della sua vita, e questo rende ancora più amaro e lacerante il distacco. Era uno di noi, della nostra redazione che lo ha visto in prima linea per 43 anni, come amava ricordare, inseguendo la cronaca umbra e non solo. In questo momento di dolore acutissimo il pensiero più caro e affettuoso di tutti noi de “La Nazione“ va ai figli Matteo e Tommaso, che proseguono l’opera del padre, e alla consorte Giuliana sempre al suo fianco, fino all’ultimo. Maestro dello scatto e maestro della tavolozza, due cose inscindibili, legate da una personalità vibrante, un colpo d’occhio splendido, uno stile saldo. Nel campo della cronaca, dell’immagine che racconta, commenta, descrive, era arrivato per caso al termine degli anni Sessanta. Quel giovanotto riccioluto, agile e pronto al sorriso comunicativo, aveva concluso gli studi all’Istituto d’Arte, frequentato l’Accademia secondo vocazione. E una volta entrato nella quotidianità aveva raccolto al volo l’invito di un giornalista della Nazione, Umberto Puggelli, s’era fatto prestare una macchina fotografica e realizzato, stampando con qualche apprensione in camera oscura, il primo servizio. Evidentemente buono, se non ottimo, visto che il caposervizio Bruno Brunori si ritenne soddisfatto. Le circostanze che risaltano sulla carta stampata hanno mille risvolti e Pietro ha scattato di tutto, cronaca nera e rosa, eventi sportivi e incontri estetici. Con una caratteristica che sempre l’ha reso protagonista, comprendere e trasmettere il senso della notizia, entrare nell’ambiente, isolare i protagonisti, renderli nella loro unicità. Il documento immediato dell’accaduto, il goal allo stadio, l’esultanza e anche il dolore, lo sgranarsi delle emozioni. Come non rammentare episodi di eccezionale risalto che hanno fatto il giro del mondo? Tornano alla memoria il recupero dalle acque del Trasimeno del corpo di Narducci, una esclusiva assoluta, o il pranzo di Berlinguer con i Frati di Assisi. E ancora, il dramma del rogo alla Mostra Antiquaria di Todi, una fotocronaca intrisa di morte, o la scoperta della Tomba dei Cutu al Toppo di Monteluce . Mai però aveva mai smesso di disegnare e dipingere, una malia che non l’ha abbandonato. Figurativo ma con un’impronta dichiaratamente soggettiva, la prima mostra al Grifo e al Leone di Palazzo dei Priori inaugurata con trepidazione, l’ingresso nell’universo desiderato a lungo dalla porta principale. Già, perché da quel momento le occasioni di confronto, dialogo, esercizio si sono moltiplicate. Estemporanee con un’invidiabile messe di premi, mostre personali e collettive, la misura del tempo, il sapore del cielo e del lago (per lui il Trasimeno era molto più di una passione), l’armonia della natura che possiede il segno della creazione. Un successo non sbandierato, vissuto nell’intimo, geloso, quali aspetti di un’esistenza “strana e fortunata” come aveva scritto di recente. Pietro aveva il dono, riservato a pochi, di intridere la tela con i suoi pensieri, le idee vagabonde, le speranze e le illusioni svanite: il quadro era un diario di frasi dipinte con armonie anche spezzate. Nell’ex chiesa della Misericordia in via Oberdan due anni fa una grande, nitida rassegna, l’estrema: in ‘Orizzonti di una vita’ esplodeva per intero il talento di un artista padrone del colore, il rosso potente, gli azzurri e i blu prediletti, la magia del nero, il verde confidenziale, la luce, i tagli e la geometria della composizione. Resta tutto questo e altro ancora, diranno gli amici. Come quel ragazzo elegante che disegnava senza sosta al secondo banco della III A. Un panorama stordente dalla finestra. Cosa di meglio per sognare?