L'opinione di Elio Clero Bertoldi sul crollo del Perugia: ecco dove Santopadre ha sbagliato

19.08.2020 08:19 di  Redazione Perugia24.net   vedi letture
L'opinione di Elio Clero Bertoldi sul crollo del Perugia: ecco dove Santopadre ha sbagliato

Questa l'opinione di Elio Clero Bertoldi, uno dei giornalisti perugini di più lungo corso e di maggior esperienza calcistica, sulla disfatta del Perugia, pubblicata su Umbriajournal diretto da Marcello Migliosi. "Il Perugia intona, del tutto controvoglia, il “Requiem per un sogno”: sperava nella permanenza in B e si ritrova invece nell’anonimato della C. Dopo una partita combattuta fino all’ultimo, la condanna si é concretizzata con gli errori dal dischetto di Buonaiuto e di Iemmello. In verità, la caduta nel baratro é figlia di una serie di errori – ammessi genericamente ma non specificati uno per uno come avrebbe dovuto fare nell’ultimo monologo – da Massimiliano Santopadre, il cui giorno dell’onomastico (il 14 agosto si festeggia San Massimiliano Kolbe) si é rivelato amarissimo e dolorosissimo. Nell’80 dC, in occasione dei cento giorni consecutivi di spettacoli dell’inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio (il Colosseo) due gladiatori, Prisco, reziario (rete e tridente) e Vero, secutor (scudo e gladio), si affrontarono all’ultimo sangue, come Perugia e Pescara. Il destino dei due appariva scontato: uno sarebbe sopravvissuto e si sarebbe guadagnato la libertà dalla schiavitù, l’altro sarebbe stato ucciso o nella furia dello scontro o per decisione degli spettatori (pollice verso). Ma i due combatterono con così tanto coraggio e con così enorme vigore che – episodio ricordato perché rarissimo -, il popolo e l’imperatore Tito concessero ad entrambi la vittoria, la libertà e la vita. Le regole del calcio con contemplano simili eccezioni così il Delfino si é guadagnato la B, il Perugia é rotolato negli inferi. Alcune centinaia di tifosi, che si erano portati intorno al Renato Curi, hanno contestato pesantemente, durante la notte il presidente e la squadra, che hanno potuto lasciare gli spogliatoi alle 2.30, dopo quasi tre ore dal fischio finale. Le cause scatenanti di questo terrificante crollo, dopo sei anni di cadetteria, possono individuarsi, a ben vedere, in tre aspetti: la gestione societaria, la gestione degli allenatori e dei giocatori, la (non) gestione della comunicazione.

Gestione societaria

Il club si é mosso da sempre come un puro negoziante: acquisto di merce di occasione (giovani promesse, giocatori provenienti da lunghe squalifiche o da lunghi infortuni) e svuotamento del magazzino a fine stagione. Con l’introito finale finito una parte nelle casse, una parte per la nuova … collezione, una parte per il futuro. Per qualche anno le scommesse hanno pagato. Fidarsi della fortuna e della sorte favorevole, però, non é sempre sufficiente. Le squadre di calcio hanno bisogno di una programmazione, di una prospettiva a medio e lungo termine con la formazione di una ossatura fatta di elementi, solidi e seri caratterialmente non solo tecnicamente, sulla quale innestare, anno dopo anno, i necessari aggiustamenti e arricchimenti. Quando, il Perugia, ha trovato un goleador vero intorno al quale costruire il futuro, il club ha preferito incassare, nonostante quell’anno, si fosse rivelato più che prodigo di plusvalenze. Si é scelta l’abbuffata brutale, la gozzoviglia al posto di un lauto pasto lasciando qualcosa, una rideva di cibo, per il giorno dopo…

Gestione allenatori e giocatori

Non si é mai avuta pazienza con i tecnici, forse ritenuti poco decisivi per l’ottenimento di risultati. Invece il “mister” nel mondo del pallone, di ieri e di oggi, ha un suo ruolo e un suo spessore. Come il comandante di un esercito, che pure nominato dal re, gode di un’ampia autonomia nel campo della strategia e del rapporto con la truppa (i calciatori). Spesso, troppo spesso, la società umbra ha minato la credibilità, l’autorità e l’autorevolezza degli allenatori con uscite o con comportamenti poco felici e comunque non idonei e non rispettosi della professionalità dei tecnici. Quale credibilità ha avuto Oddo scaricato nei fatti e poi, visti i rifiuti dei candidati alla successione, lasciato al suo posto? Stesso trattamento per i giocatori considerati come puri e semplici dipendenti. É mancata, nello specifico, la capacità di far integrare i calciatori con la città e con i tifosi. Un esempio, tra i tanti: impedire ai supporter di seguire dal “greppo” gli allenamenti ha avuto una ricaduta negativa, sia nei rapporti personali, poco o per nulla esistenti, sia nel “controllo” del lavoro giornaliero da parte dei fan, che possono dare una pacca amichevole sulle spalle, ma anche rifilare pure un richiamo secco e diretto invitando il calciatore a impegnarsi di più e meglio.

Gestione comunicazione

Imporre il silenzio al tecnico ed ai giocatori ha provocato un effetto boomerang. Gli allenatori di turno non hanno potuto chiarire e spiegare le loro scelte e farle conoscere agli spettatori; ai giocatori, poi, é venuta meno la gratificazione. Un elemento che disputa una bella gara si vedrà riconosciuti meriti con interviste e, di conseguenza, con un minimo di ritorno di immagine. Non si vive del solo 27 del mese (lo stipendio), ma anche di un pizzico di fama, di gloria. Chiusi in una sorta di torre d’avorio, i biancorossi non hanno potuto godere di una pur piccola integrazione col popolo perugino e col mondo della stampa parlata è scritta. Sono stati trattati, spesso se non sempre, come impiegati che svolgono le loro funzioni e che i direttori cambiano a giro, secondo particolari esigenze. Il calcio é un’altra cosa. Il calciatore ha bisogno di farsi conoscere per ovvi motivi di mercato e di carriera. Se un dirigente non se ne rende conto, alla fine la realtà gli presenterà un conto. salatissimo e sgraditissimo. Come é accaduto nella fattispecie".