Che gioia! Perugia conquista a Roma la Coppa Italia di bocce!

01.12.2015 12:57 di Redazione Perugia24.net   vedi letture
Che gioia! Perugia conquista a Roma la Coppa Italia di bocce!

Perugia trionfa all’esordio della manifestazione regina per comitati, la Coppa Italia, e a distanza di ben 33 anni ridiventa campione. Dopo Bologna tocca a Roma sancire la vittoria perugina nell’ormai consueto palcoscenico del Centro tecnico federale, talento, esperienza, giusti innesti, guida tecnica azzeccata e un ottimo spirito di squadra, tutto insomma per ben figurare. ll cammino dei grifoni comincia subito bene, 5 set senza troppi patemi e la pratica superamento turno viene espletata in poco tempo. Al terzo turno del sabato mattina si comincia a battagliare maggiormente e i perugini incontrano, stavolta davvero però, i toscani fiorentini. Il match si ferma sul 5-1 e altri due set non conclusi. Si affilano dunque le armi per il pomeriggio, perché l’avversario cresce di durezza e difficoltà, perlomeno sulla carta. Trattasi della squadra campione in carica, Reggio Emilia, di nuovo attrezzata per concedere il bis. Gli emiliani arrivano però da un terzo turno tiratissimo, conclusosi ai pallini contro Verona. Provano a ricompattare le fila ma il meglio sembrano averlo già dato. Ancora una volta l’incontro non arriva all’ottavo set e si conclude sul 5-0 per gli umbri, che adesso si capisce: fanno davvero sul serio. La semifinale, domenica mattina, è per definizione insidiosa, contro Salerno, l’unico comitato dei quattro giunti al penultimo match che non ha mai vinto la competizione, eppure la rosa è di livello e sognare per i campani è lecito. Il rullo compressore perugino tuttavia non ne vuole sapere e prosegue il suo cammino, schiacciando avversari e ostacoli. Altro 5-1 senza ricorrere a set conclusivi al cardiopalma o peggio ancora ai pallini, e appuntamento per la finale. L’ultimo scoglio è rappresentato da una delle squadre più attrezzate per concorrere alla vittoria finale sin dal sorteggio, Treviso. La rosa è di quelle davvero corazzate. Pasquale D’Alterio, Giuseppe Pappacena e Pietro Zovadelli, ma anche Giuliano Mirandola e Ulisse Binda, ovvero plurititolati vari e giocatori di comprovata esperienza e affidabilità, sebbene “solo” in cinque. L’ostacolo dunque è di quelli assai alti. I giocatori perugini non vanno però saggiamente di corsa né vogliono bruciare le tappe e anzi, con calma e convinzione, cominciano a scalare a piccoli passi la montagna trevigiana. E ci riescono, in soli altri 6 set. La coppa da alzare al cielo è loro, meritatamente. Luca Brutti è il capitano della squadra, mediano di terna e grande puntista di coppia soprattutto nella finale, in cui non sbaglia praticamente nulla. Rischia solo di farsi “bruciare” una boccia in finale dall’arbitro di partita, per attendere troppo l’eventuale punto conclusivo di Tomao nella corsia accanto. Che non arriva. Luca Santucci, altro mancino come Brutti, è talentuoso e si sa, ma stavolta ci mette anche parecchia sostanza nella sua prestazione e piega Zovadelli, non nella sua migliore serata, in entrambi i set. In coppia con Brutti chiude di fatto il conto regalando il titolo nazionale al capoluogo umbro. Serviva poi un bocciatore di esperienza, livello e tenuta alla compagine e l’arrivo di Raffaele Tomao proprio dalla capitale è un usato di extra-lusso garantito. Il suo apporto c’è eccome e si vede. Stefano Maccarelli è poi il primo di terna e contribuisce con un rendimento in accosto di pregiata fattura e costanza alla vittoria finale. In panchina ci sono due giovanissimi, anzi tre. Sì perché a testimoniare ulteriormente l’amalgama della squadra campione ci sono anche questi dettagli. I giocatori della rosa sono di fatto sette: Luca Valecchi (ternano) è fisso mentre Michele Scapicchi e Daniele Pieggi ruotano e si alternano a ogni incontro, restando fuori a turno. In tre non arrivano ai settanta anni. Mica male come investimento futuro, oltre che per il presente. A gestire e consigliare, quando serve, il team, Omero “braccio d’oro” Fanali. Tutto gira, tutto funziona quando si vince e così è anche stavolta. Umbro Brutti, il dirigente-zio, segue, soffre (neppure troppo), incita e applaude, e alla fine serve anche quello.